I 12 sensi – I parte
La teoria dei 12 sensi elaborata da Rudolf Steiner è una chiave di lettura insostituibile per la comprensione dell’essere umano. Prima di scoprire di cosa si tratta, è opportuno chiarire cosa sia un senso e a che cosa serva.
Un senso è uno strumento di percezione e in quanto tale è una componente fondamentale del processo conoscitivo. Come facciamo ad imparare, a conoscere? Attraverso una percezione, un’esperienza, che viene poi elaborata dal nostro pensare e trasformata in un concetto.
Quando vengo a conoscenza per la prima volta di una determinata specie animale ad esempio, per prima cosa devo averne una percezione: nel migliore dei casi avrò la possibilità di osservarlo dal vivo, altrimenti l’incontro avverrà mediante un’immagine oppure attraverso una comunicazione verbale. In qualche modo devo poterlo percepire con uno o più sensi, prima di potermene formare un concetto: l’essere vivente con quelle determinate caratteristiche ha quel nome ed appartiene a quella specie animale. I sensi sono quindi strumento primario di conoscenza ed il loro operato determinerà i concetti che andranno a formare la mia visione del mondo e dunque i miei stessi pensieri.
Mentre i sensi svolgono un lavoro di analisi sul mondo circostante, il pensiero si occupa di sintetizzare e al contempo giudicare ciò che i sensi stessi hanno percepito. Esistono un’infinità di modi diversi per collegare ciò che è stato scisso in percezioni dai sensi, e quindi infinite possibilità di visione del mondo. Se la prima volta che visito un paese straniero lascio prevalere in me la percezione olfattiva e ho vissuto esperienze di odori sgradevoli, probabilmente giudicherò negativamente quell’esperienza creandomi un concetto negativo di quel luogo. Se invece mi soffermo sul senso della vista e rimango colpita dai vestiti colorati che le persone di quel luogo indossano, ne ricaverò un giudizio positivo. É il responso dell’analisi dei nostri sensi a determinare i concetti ed i giudizi che ci formiamo su qualunque cosa o persona.
Ma cosa accade quando viene a mancare l’esperienza sensoriale? Se nello studiare un determinato fenomeno o essere vivente non ho la possibilità di percepirlo attraverso i sensi, il concetto che ne deriverà sarà incompleto. É quello che accade tutte le volte che studiamo qualcosa a partire dalla teoria e non dall’esperienza diretta.
Se ci pensiamo un momento, tutto quello che abbiamo studiato esclusivamente sui libri tende ad essere dimenticato molto più facilmente di ciò che abbiamo imparato per esperienza personale. Il rischio che si corre studiando unicamente sui libri è che la teoria vada a sopraffare la percezione, dando origine a concetti non fondati sull’esperienza reale e quindi passibili di non essere autentici.
Questo è il motivo per cui nell’ambito della pedagogia steineriana tutti gli insegnamenti si basano sull’esperienza. Lo scopo è di far nascere negli allievi concetti viventi, non di comunicare loro definizioni già pronte.
Steiner ci dice che l’uomo deve avere tanti sensi quanti sono i campi d’esperienza che ha da percepire. È logico infondo, come potrei percepire la luce se non avessi gli occhi? D’altra parte senza luce gli occhi stessi non si sarebbero formati. Allo stesso modo, se ho la possibilità di percepire il linguaggio di una persona, esisterà da qualche parte un senso del linguaggio che mi permette di coglierlo. Ecco quindi che il numero dei sensi da 5 sale a 12, tanti quanti sono gli ambiti di percezione umani.
Questi 12 ambiti vengono suddivisi in tre gruppi di quattro sensi ciascuno.
Ciò che del mondo abbiamo da percepire come uomini, può essere ricondotto essenzialmente a tre gruppi: noi stessi, il mondo fuori di noi e gli altri esseri umani.
Proviamo a scoprire quali sono i sensi appartenenti al primo gruppo, quello dei cosiddetti sensi inferiori, partendo dalla domanda “Che cosa ho da percepire di me stesso e in che modo lo posso fare?”.
Innanzitutto ho da percepire la mia stessa corporeità, il fatto che possiedo un corpo separato dal resto del mondo. In che modo posso farlo? Qual’è il senso che mi permette di definire il confine fra me e ciò che è fuori di me? È il senso situato sulla nostra pelle: il senso del TATTO.
Viene spontaneo pensare che il senso del tatto mi comunichi qualcosa su ciò che sto toccando, in realtà invece ciò che percepisco al contatto con una qualunque altra superficie è il mio stesso corpo. Se prendo in mano una bottiglia, avverto la modificazione sulla pelle delle mia mano che sta afferrando la bottiglia. Attraverso la superficie corporea abbiamo di continuo esperienze tattili: i vestiti sulla pelle, il piede che preme il suolo camminando, la lingua che tocca denti e palato quando parliamo. La pelle ci racchiude, ci protegge, ci dà il limite fra noi ed il mondo fuori di noi.
Pensiamo al bambino. Qual’è per lui la prima esperienza tattile? La nascita stessa, se avviene naturalmente. Il passaggio del suo corpo compresso fra le ossa del bacino della madre gli fa avvertire per la prima volta il suo corpo. Fino a quel momento infatti aveva fluttuato nel liquido amniotico in assenza di gravità. Con il parto cesareo invece, il bambino vive un vero e proprio trauma non potendo passare gradualmente da una condizione all’altra ma sentendosi di colpo trasportato in un altra dimensione. Il senso del tatto di questi bimbi nati attraverso parto cesareo andrà curato in modo particolare, facendoli sentire avvolti il più possibile sia da tessuti che dalle nostre stesse mani, in modo da recuperare la prima esperienza di tatto mancata.
Per il bambino piccolo siamo noi adulti a rappresentare il primo contatto con il mondo esterno, vestendolo e toccandolo. Abbiamo il compito di curare la formazione di un sano senso del tatto sulla sua pelle. Questo significa metterlo in contatto con tessuti naturali, morbidi e piacevoli, in modo che cominci ad instaurare un senso di fiducia in ciò che è fuori di lui. Se le esperienze tattili che riceve sono invece sgradevoli o insufficienti, non si sentirà al sicuro e manifesterà malessere.
Con questa consapevolezza andrebbero scelti con la massima cura i materiali con cui mettere in contatto il bambino e dedicato del tempo a massaggiarlo ed aiutarlo amorevolmente a percepire la sua pelle. Ne vade il rapporto che instaurerà con il mondo circostante.
Una seconda importante percezione riguarda il fatto che siamo vivi. Il nostro corpo non esiste soltanto a livello materiale come una pietra ma ha la possibilità di crescere e svilupparsi.
Il senso che mi permette di sentirmi vivo è appunto chiamato da Steiner senso della VITA.
E’ il senso che mi permette di riconoscere come mi sento nel mio corpo: se sto bene o male, se ho freddo oppure caldo, fame o sete, se sono stanco o pieno di energia.
Anche questo senso come quello del tatto, non è presente alla nascita ma va coltivato.
Se pensiamo ad un bambino appena nato sono poche le sensazioni piacevoli che trae dal suo corpo, sembra più essere in guerra con questo nuovo abitacolo. Sente fame, rumore nella pancia, freddo, suda, è infastidito dagli escrementi. Il corpo gli provoca continuamente dei disturbi e trova pace soltanto addormentandosi dopo che gli adulti hanno provveduto ad eliminare ogni sensazione di disagio. Se il suo senso della vita si sviluppa bene, lentamente subentra uno stato di veglia positivo e calmo. Il bimbo inizia ad accettare il suo corpo, come avviene? Attraverso le cure e le attenzioni che riceve, queste lo fanno letteralmente sentire bene ed instaurano in lui fiducia nella vita. A questo proposito non è sufficiente prendersi cura solo del corpo del bambino, lui avverte soprattutto in che modo lo si fa ed il senso della vita viene nutrito soprattutto dalle cure amorevoli che lo fanno sentire voluto.
Il bambino piccolo infatti più che il suo stesso corpo, avverte l’ambiente intorno a sé. In un ambiente bello, pulito, curato ed armonioso svilupperà un senso della vita positivo e fiducia in sè, nelle altre persone, nel mondo circostante e nella vita in generale. In un ambiente trascurato tenderà a chiudersi, proteggersi e sviluppare paura.
Anche lo stare all’aperto nella natura nutre il senso della vita: si possono percepire svariate sensazioni tattili toccando terra, foglie, pigne, sassi, fiori; osservare insetti, percepire il calore del sole oppure il freddo della neve. Il bambino è letteralmente affamato di sensazioni, per lui tutto è da scoprire e la cosa migliore che possiamo fare per lui è dargli la possibilità di vivere più esperienze percettive possibili.
Quando invece tutti i giocattoli sono fatti dello stesso materiale sintetico, per quanto colorati ed accattivanti, il senso della vita non ha la possibilità di maturare e tenderà ad atrofizzarsi proprio come un muscolo che non viene utilizzato da tempo.
Il bambino crescerà senza la capacità di differenziare, diventando così incapace anche di distinguere le sue stesse sensazioni: non saprà quando ha freddo, caldo, se ha mangiato abbastanza oppure no; non potrà avvertire quando è stanco e ha bisogno di riposarsi.
Crescendo infatti il senso della vita si rivolge al proprio corpo e diventa senso della salute. Quanti adulti sanno riconoscere quando è il momento giusto di smettere di mangiare, di bere, quando hanno bisogno di una pausa per non esaurirsi? La causa di questa mancata capacità di prendersi cura di se stessi è da ricercare in un senso della vita mal coltivato nell’infanzia.
Uno strumento utile per aiutare i bambini a distinguere ed affrontare il dolore sono le fiabe. Nelle fiabe è sempre in corso la lotta fra il bene ed il male e alla fine, qualunque cosa di terribile possa accadere, il bene trionfa. Questo è un insegnamento morale fondamentale per sviluppare un senso di fiducia nel bambino e la certezza che ci sia sempre la possibilità di superare le difficoltà. Purtroppo in molte storie oggi proposte ai bambini sotto forma di cartone animato, questa distinzione morale non è più così chiara. Nelle fiabe ciò che è bello è buono e ciò che è brutto è cattivo. Nei cartoni animati moderni non è più così, la bellezza è anche associata al male e questo genera una confusione interiore nel bambino e l’attrazione verso ciò che è cattivo, anziché suscitarne una spontanea repulsione.
Vediamo cosa accade a quei bambini che soffrono di un disturbo al senso della vita. Innanzitutto sono bimbi con una bassa soglia di tolleranza per i cambiamenti che non rispettano le loro aspettative, essendo incapaci di distinguere fra piccole e grandi irritazioni.
Evitano in ogni modo di rilassarsi proprio per non percepire le sensazioni sgradevoli che il loro senso della vita comunicherebbe in uno stato di quiete. Ecco quindi che non riescono a star fermi, parlano in continuazione, producono rumori, tutto per evitare di percepirsi, devono fare qualcosa per non sentire se stessi. I bambini irrequieti e nervosi sono fondamentalmente insoddisfatti di loro stessi. Possiamo aiutarli ad acquisire fiducia nel loro corpo curandone il senso vitale con una sana alimentazione, contatto corporeo, abbigliamento adeguato, cura del sonno e del ritmo della giornata. La loro paura è di non essere desiderati e può essere rimossa soltanto attraverso il nostro atteggiamento di tolleranza e calma, evitando di arrabbiarsi di continuo perché il bambino dovrebbe essere diverso da quello che è. Facendolo sentire accettato, saneremo quel senso di sfiducia che si è creato a causa di un senso della vita mal coltivato.
Un altro modo per manifestare un disagio al senso della vita, è mediante un atteggiamento timido e pauroso. Sono quei bambini che al mattino hanno mille difficoltà a prepararsi, tutto è fastidioso: vestirsi, pettinarsi, qualunque cosa è un problema. Fanno domande su cosa accadrà dopo e dopo ancora, manifestano tic nervosi e alla sera hanno paura di andare a dormire.
Per aiutare questi bimbi dovremmo organizzare la giornata in modo ritmico, per esempio facendo tutti i giorni la stessa cosa alla stessa ora (modellare, ascoltare musica, cantare...), questo diventa un punto fermo nella giornata del bambino che può così orientarsi più facilmente nel tempo e non cadere in preda alla paura di non sapere che cosa l’aspetterà. Li si aiuta anche facendo con loro la prospettiva di quello che avverrà nella giornata, di modo che conoscano in anticipo ciò che accadrà e non cadano preda di mille paure riguardo ad un ignoto prossimo futuro.
Sono importanti anche i preparativi per il sonno: un pediluvio caldo, la storia della buonanotte o della musica rilassante, per accompagnarlo dolcemente ad addormentarsi senza paura.
Oltre a sentire che siamo vivi abbiamo anche da percepire il fatto che ci muoviamo nello spazio, a dircelo è il senso del MOVIMENTO.
Steiner ci fa notare come siamo in grado di percepire un movimento esterno a noi, grazie al fatto che senza rendercene conto lo ripercorriamo interiormente. Senza questo senso, al posto delle forme vedremmo soltanto macchie di colore. Muoverci interiormente lungo i contorni di ciò che ci circonda, ci permette di distinguere una forma dall’altra. Gli occhi in questo sono soltanto un supporto. Chi non vede infatti, utilizza il senso del tatto per farsi un’immagine interiore della forma che sta toccando. Vista e tatto sono quindi ausiliari al senso del movimento.
Questa considerazione applicata ai bambini può aiutarci a capire il loro comportamento spesso così agitato. Viviamo in un mondo tutt’altro che quieto e tutti i movimenti che lo circondano entrano direttamente nel bambino: le automobili, gli apparecchi meccanici, le immagini alla televisione e sugli altri apparecchi tecnologici, tutti questi stimoli entrano nel bambino e lo mettono interiormente in movimento. Il bambino è molto più sensibile di noi adulti a tutte le impressioni che riceve, non essendo ancora in grado di proteggersi da solo compiendo una selezione. Beve letteralmente tutto ciò che lo circonda.
Non dimentichiamo che il bambino è un imitatore per natura, impara imitando e quindi è portato naturalmente ad imitare tutto ciò che lo circonda. Che cosa hanno da imitare i bambini oggigiorno intorno a loro? Pochissimi gesti umani e troppi meccanici, per non parlare di quelli virtuali dei videogiochi e dei cartoni animati. Ciò che i bambini imitano lo riproducono nel gioco, che è la loro naturale palestra per allenare quello che hanno visto fare da noi. Basta guardarli giocare per capire cosa stanno elaborando dentro di loro.
Cosa possiamo fare per aiutare i bambini saturi di movimenti caotici? Portare loro dei movimenti armoniosi, sensati. Fargli vedere cosa possono fare le mani dell’uomo: impastare, cucinare, lavare, stirare, cucire, tagliare, dipingere, in modo che diventino questi i gesti da imitare.
Quando un bambino ha un forte disagio nel senso del movimento, tende a chiudersi in se stesso e diventa triste e pensieroso. Perché? Non si è potuto instaurare in lui quel rapporto libero con il mondo che nasce dalla gioia del movimento, che ha a sua volta origine nell’imitazione durante la prima infanzia. Per carenze imitative non ha sviluppato il senso del movimento e così si trova perennemente nella condizione di non sentirsi partecipe di quello che accade intorno a lui. Bambini come questo diventano spettatori passivi non prendendo parte alle situazioni, sono come bloccati, appunto perché non hanno l’iniziativa di muoversi all’interno di esse. Si sentono esclusi. Tutto questo non ha niente a che fare con l'intelligenza del bambino ma con una debolezza al senso motorio che può avere due cause differenti: carenza imitativa per mancanza di stimoli perché lasciato troppo tempo da solo, oppure eccesso di sollecitazioni, impressioni troppo forti a livello visivo o uditivo, continui spostamenti e stimolazioni precoci attraverso apparecchi tecnologici. In questo secondo caso il bambino si satura di stimoli e non riesce più ad elaborarli tutti perché sono troppi, per proteggersi da questa indigestione si chiude in se stesso. L’ideale sono le situazioni tranquille e chiare, che il bambino può osservare ed imitare con calma.
Come aiutare i bambini tristi e pensierosi che soffrono di un blocco al senso del movimento? Coinvolgendoli il più possibile in quello che stiamo facendo, permettendogli di prendere parte ad attività pratiche, come piccoli lavoretti in casa o cucinare. Portandoli a fare una passeggiata nello stesso luogo tutte le settimane, in modo che possano osservare cosa accade nella natura al trascorrere delle stagioni e sentirsi partecipi di quello che succede intorno a loro. L’importante è che prendano parte a quello che avviene nel mondo, che lo sperimentino come qualcosa che li coinvolge direttamente, altrimenti nella vita non avranno la forza di prendere alcuna iniziativa e si lasceranno manipolare da persone e situazioni.
Oltre alla necessità di percepire il nostro movimento, abbiamo anche quella di sentire che siamo stabili ed in equilibrio rispetto allo spazio in cui ci troviamo. É il senso dell’EQUILIBRIO a permettercelo. Situato nei canali semicircolari dell’orecchio, che si sviluppano nelle tre direzioni spaziali, è nel contempo senso dell’orientamento. Crescendo, un senso dell’equilibrio sano porterà ad equilibrio e calma interiori.
La sua condizione è uno dei metri di misura utilizzati nelle scuole steineriane per valutare la maturità scolare, cioè il fatto che un bambino sia pronto o meno per andare a scuola. Senza senso dell’equilibrio infatti, il bambino avrà per esempio difficoltà ad orientarsi anche nello spazio del foglio sul quaderno.
Questo primo gruppo composto dai sensi del TATTO, della VITA, del MOVIMENTO e dell’EQUILIBRIO, è definito da Steiner gruppo dei Sensi Inferiori, per il fatto che sono alla base dell’organismo sensorio. Sono tutti sensi rivolti alla conoscenza di noi stessi e vengono anche definiti sensi della volontà e per questo legati al I settennio. È proprio in questo periodo infatti che si gioca il loro sviluppo più o meno armonioso.
Abbiamo visto quanto contino le azioni dell’adulto per un sano sviluppo dei sensi inferiori nel bambino. Se pensiamo a quanti gesti sguaiati i bambini possono vedere oggi, l’unico modo che abbiamo per porvi rimedio è aiutarlo offrendogli gesti sani ed armoniosi da imitare.
I giochi di movimento di una volta come palla, saltare la corda, nascondino, 1 2 3 stella, mosca cieca, nutrivano tutti i sensi inferiori e per questo andrebbero ripresi e proposti come terapia al senso di vuoto che l’illusione dei giochi virtuali lascia nei bambini. Il senso della vita è ingannato nei videogiochi, sembra di fare tante cose ma in realtà non si sta facendo quasi niente se non diventarne dipendenti con conseguente atrofizzazione della forza di volontà.
Se questa consapevolezza fosse più diffusa, i giochi di movimento sarebbero di nuovo proposti ai bambini, sia a casa che a scuola, con grande beneficio del loro organismo sensorio.
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